In fondo quando si dice farina oggi vuol dire tutto e niente. Anzi nella maggior parte delle cose vuol dire niente, proprio perché in effetti quello che compone quella polvere bianca non si sa di certo da dove viene e come viene trattato.
Con l’apertura di Rosti di certo non potevo permettere che la farina – che copre con la pizzeria, la pasticceria e il pane 1/3 della produzione – non fosse all’altezza della filosofia ormai intrapresa qualche anno fa con Primo, ovvero rintracciabilità e qualità.
E cosi come è avvenuto per la carne, gli oli e le verdure, sono andato da quegli artigiani della farina, la famiglia Sobrino alla Morra Piemonte.
Da sempre Renzo e Margherita lavorano ancora come 100 anni fa.
Scelgono i grani da campi non contaminati, rigorosamente farine italiane, non usano nessun tipo di conservante per le gemme raccolte ma conservano tutto a temperatura controllata, lavano le gemme prima di essere macinate solo con acqua; e il loro mulino si compone di due macchine, una a pietra – rigorosamente pietra dei Pirenei – per le gemme destinate all’integrale o semi, e una meccanica per le farine più fine tipo “0”. Naturalmente questo mulino meno della “0” non raffina, quindi scordiamoci che si possano trovare farine “00” o manitobe ad alto contenuto di glutine.
Stiamo parlando di una piccola realtà che lavora in modo costante e sotto commissione; infatti la farina si macina quasi all’ordine, in modo da tenere sempre vivo il profumo e il sapore di quel grano selezionato…
Le selezioni che uso principalmente sono 5: le loro “0”, il loro farro monococco, la segale, la “2” e l’integrale. Certo non ci si può aspettare da queste farine la stabilità di quelle che escono dalle fabbriche, pensate per un lavoro meccanico dove l’occhio dell’operatore può essere anche bendato. Qui serve il manico, l’occhio e la sensibilità dell’artigiano.
Le integrali e la “2” le destino ad alcune preparazioni in pasticceria, ma quasi tutte vanno per il pane, rigorosamente fatto lievitare con processo naturale: altrimenti sarebbe un peccato perché il lievito di birra intaccherebbe le proprietà organolettiche delle farine, soprattutto per quanto riguarda olfatto e sapore. Per la pizza invece utilizzo solamente la loro “0” Forza, che mi permette lunghe lievitazioni a temperatura controllata. Così come nella pasticceria da biscotto, dove andiamo solo con integrali e “0” debole, che rendono il prodotto finale più friabile.
Dopo quasi 5 anni non sono mai rimasto deluso da questi artigiani/professionisti del cereale, ma sono anzi sempre più emozionato e contento di lavorare i loro prodotti.
Grazie a Renzo e Margherita e a tutto il Mulino Sobrino.